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venerdì 19 aprile 2024

L'estrema unzione

Dagli scritti di Padre Gabriele di S. Maria Maddalena (1893 – 1953).


La tua grazia, o Signore, mi purifichi da ogni colpa, affinché possa presentarmi immacolato al tuo cospetto. 

1 - In modo molto espressivo l’estrema unzione viene definita « sacramentum exeuntium » (Conc. Trid.), ossia il sacramento di coloro che stanno per partire da questo mondo ed entrare nell’eternità. La vita cristiana, iniziata col battesimo, perfezionata con la cresima, alimentata mediante l’Eucaristia, restaurata dalla penitenza, si chiude e quasi si corona con l’estrema unzione che, completando l’opera della purificazione dell’anima e corroborandola contro le difficoltà dell’ultima ora, la prepara a comparire al cospetto di Dio. Infatti, l'effetto particolare di questo sacramento, come insegna il Concilio Tridentino, « è la grazia dello Spirito Santo la cui unzione toglie i residui del peccato, solleva e conforta l’anima dell’infermo, eccitando in lui una grande fiducia nella misericordia divina, sicché egli sopporta più agevolmente le sofferenze della malattia e resiste più facilmente alle tentazioni del demonio ». Senza dubbio l'estrema unzione ha anche il potere di « cancellare i peccati veniali e mortali che l’infermo, attrito, non potesse confessare » (Catech. S. Pio X), ma la sua grazia particolare non consiste in ciò, che è invece l’effetto proprio del sacramento della penitenza, bensì nel distruggere le ultime conseguenze del peccato, sanando l’anima da ogni languore e da ogni debolezza prodotta in lei dai peccati commessi durante la vita e già perdonati dalla confessione. Come la cresima conferma e perfeziona la grazia ricevuta nel battesimo, così l’estrema unzione perfeziona la purificazione dell’anima già compiuta dalla penitenza. « O Redentore nostro - prega la Chiesa amministrando l’estrema unzione - per grazia dello Spirito Santo, guarisci tutti i languori di questo infermo, sana le sue ferite, perdona i suoi peccati, fa’ cessare tutti i dolori della sua anima e del suo corpo; rendigli una perfetta salute spirituale e corporale ». La perfetta salute dell’anima, ossia la totale remissione non solo dei peccati, ma di tutte le conseguenze di essi, è l’effetto dell’estrema unzione, per cui il morente, sollevato da ogni peso delle colpe commesse, può andare serenamente incontro al passo estremo. 

2 - L’estrema unzione, insegna S. Tommaso, è l’ultimo sacramento e, in certo modo, la « consumazione » di tutta l’opera purificatrice dell’anima, per cui l’uomo viene preparato alla partecipazione della gloria. 

Il moribondo che riceve questo sacramento con le dovute disposizioni ottiene la remissione plenaria di tutti i suoi peccati di tutta la pena dovuta ad essi, cosicché dall’esilio terreno può passare direttamente alla gloria eterna, senza dover sostare nel Purgatorio. Ma, pur essendo questo l’effetto normale dell’estrema unzione, in pratica sono pochi coloro che lo conseguono interamente e ciò avviene per mancanza di adeguate disposizioni. Non vi è forse infatti sacramento per gli adulti che venga strapazzato, ricevuto in fretta, spesso all’improvviso, del tutto o quasi inconsciamente come l’estrema unzione, con la conseguenza di annullarne in gran parte i preziosi frutti. Quanto sarebbe invece necessario adoperarsi perché, nel limite del possibile, gl'infermi fossero preparati a riceverlo in tempo, con piena coscienza e profonda pietà, onde approfittare appieno della grande grazia che esso offre. Il timore d’impressionare l’ammalato o i familiari, non deve distogliere dal compiere, con carità e delicatezza, questo pietoso ufficio, ufficio di cui tutti un giorno avremo bisogno, e fortunati noi se troveremo chi lo saprà adempiere al momento opportuno. Del resto, a dissipare i pregiudizi che spesso il popolo ha verso questo sacramento, giova ricordare che esso è ordinato non solo alla salute dell’anima, ma anche a quella del corpo, quando questa rientra nei disegni di Dio e può giovare al bene dello spirito. Ma ciò che più ci deve importare è di assicurare ai moribondi la perfetta tranquillità della coscienza, il conforto ed il sostegno divino nelle penose sofferenze e dure lotte dell’agonia, affinché, affrontando coraggiosamente gli ultimi assalti del nemico, accettando con rassegnazione la morte dalle mani di Dio e abbandonandosi con fiducia alla sua misericordia, possano finalmente giungere alla patria celeste. Allora si realizzerà per essi la preghiera della Chiesa: « Parti, o anima cristiana, da questo mondo, in nome di Dio Padre che ti ha creato, in nome di Gesù Cristo che per te è morto, in nome dello Spirito Santo che ti è stato dato » (Rit. Rom.). 


[Scritto tratto da “Intimità Divina”, di Padre Gabriele di S. Maria Maddalena, pubblicato dal Monastero S. Giuseppe delle Carmelitane Scalze di Roma, imprimatur: Vicetiae, 4 martii 1967, + C. Fanton, Ep.us Aux.].



(.)

Pensiero del giorno

Ecco quello che dobbiamo sempre cercare e che ci deve bastare: Gesù solo, Dio solo. Tutto il resto - consolazioni, aiuti, amicizie anche spirituali, comprensione, stima, appoggio anche dei superiori - può essere buono nella misura in cui Dio ci permette di goderne e molto spesso Egli se ne serve proprio per sostenere la nostra debolezza; ma quando, attraverso le circostanze, la Mano divina ci priva di tutto ciò, non dobbiamo né sgomentarci, né smarrirci. Sono proprio questi i casi in cui, più che mai, possiamo testimoniare a Dio con i fatti e non con le parole che Egli è il nostro Tutto e che Egli solo ci basta. È questa una delle più belle testimonianze che un’anima amante può rendere al suo Dio: essergli fedele, fidarsi di lui, perseverare nel proposito di una dedizione totale, anche quando Egli, ritirando tutti i suoi doni, la lascia sola, al buio, forse nell’incomprensione, nell’amarezza, nella solitudine materiale e spirituale accoppiata con la desolazione interiore. È allora il momento di ripetere: «Gesù solo» e di scendere con lui dal Tabor per seguirlo con gli Apostoli fino al Calvario, dove Egli stesso agonizzerà abbandonato […]. 


[Scritto tratto da “Intimità Divina”, di Padre Gabriele di S. Maria Maddalena, pubblicato dal Monastero S. Giuseppe delle Carmelitane Scalze di Roma, imprimatur: Vicetiae, 4 martii 1967, + C. Fanton, Ep.us Aux.].

giovedì 18 aprile 2024

Il nostro cuore è inquieto sin quando non riposa in Dio

Anni fa, mentre Maristella stava tornando a casa dal lavoro, mi scrisse dei pensieri edificanti che ripubblico volentieri.


Carissimo fratello in Cristo,
scrivo dalla metro nel viaggio di ritorno a casa. Che bello anche il messaggio che hai pubblicato oggi. Dopo averlo letto sono andata, come faccio ogni giorno, nella basilica di Sant'Ambrogio [...]. Lì c'è l'altare del Santissimo Sacramento e io mi fermo a pregare. Questa mattina ero proprio commossa dalle parole che avevo letto sul blog. Gli argomenti di conversazione mondani mi rattristano e io mi chiudo nel silenzio. A me piace stare sola. In quel momento non mi sento affatto sola! Converso amabilmente con il Padre e con la Madre celesti che mi amano e che mi sostengono. Io amo la solitudine, camminare nella natura raccogliendomi in meditazione. Mi piace stare in Chiesa e tenere compagnia a Gesù. [...] Alle volte anche i tradizionalisti mi fanno soffrire. Aspetto con ansia la domenica mattina e poi vorrei che la Messa [in Rito Ambrosiano antico, n.d.r.] non finisse mai, vorrei che la mia preghiera di ringraziamento non terminasse mai. Sto in ginocchio, in lacrime: quando il Signore fa innamorare di sé un'anima poi le lascia una ferita, una sete che niente e nessuno potranno mai più colmare. Nemmeno la migliore creatura terrena potrà mai placare quella sete. Così l'anima ferita guarda il cielo e prega perché i suoi giorni di esilio lontano da Lui siano brevi e possa velocemente tornare a quell'abbraccio che - solo - può colmare quella sete di infinito. Così la preghiera che sempre più spesso mi affiora è quella di Sant'Agostino: "Ci hai fatti per Te, Signore, e il nostro cuore è inquieto sino a quando non riposa in Te". È vero che apprezzare la Tradizione non significa solo vedere la bellezza che pervade tutta la celebrazione... All'inizio anch'io sono stata rapita da questa bellezza. Poi ho iniziato a capire e durante il Canone e dopo l'Eucaristia non posso trattenere le lacrime. [...] ora percepisco la potenza del Sacrificio Eucaristico. La liturgia della Tradizione mi ha educata e rafforzata tanto da riuscire a vedere e a percepire il nucleo centrale sotto strati di parole. Sono tornata a casa dopo il lavoro: che bello (e che faticoso!!!) cercare di custodire nel cuore la pace del Signore. C'è letizia, ma anche fatica, tanta serenità che riempie l'anima. Attendo con gioia i momenti di solitudine, di contemplazione e di preghiera. 

Ti ringrazio ancora per la preziosa (e faticosa) opera di apostolato che svolgi con il tuo meraviglioso blog. Anche oggi quanto nutrimento spirituale: io non manco mai all'incontro quotidiano con "Cordialiter" [...]. Sono tra i miei momenti più belli! Grazie! Dio ti benedica e ti ricompensi con il Suo indefettibile aiuto.

Maristella 


Carissima in Cristo, 
ho apprezzato molto i tuoi profondi pensieri sulla sete ardente che hai di Dio. Gioisco nel leggere queste cose. A dir la verità dovrebbe essere una cosa normale sentire una creatura dire quelle cose nei confronti di un Dio infinitamente buono e degno di essere amato sopra ogni cosa. Ma nella società idolatra e materialista nella quale viviamo è raro sentire certi discorsi. Che bello vedere un'anima ardere d'amore per Dio! È una consolazione per il mio cuore. Vorrei che tutte le anime si infiammassero d'amore per il Signore, il quale merita di possedere i nostri cuori.

In Corde Matris,

Cordialiter


lll

Pensiero del giorno

L'anima semplice, fiduciosa, che vive in Cristo, è come Lui ripiena della benevola dolcezza e dell'ardore consumante dello Spirito Santo.


[Brano tratto da "L'anno santificato dalla suora", di Padre Wendelin Meyer, traduzione di Olga Gogola di Leesthal, Edizioni Paoline, 1959].

mercoledì 17 aprile 2024

Salvare i propri figli dalle scuole del regime culturale progressista

Diversi anni fa una signora mi ha confidato che stava valutando di optare per l'homeschooling per dare una buona istruzione al proprio bambino.


Caro D.,
                sono io a ringraziare te per il tuo bellissimo blog che penso porti un gran bene e sia di molto aiuto a tanti: non smettere mai! […] Ti ho sempre ammirato moltissimo e mi sono sempre chiesta come tu riesca e così bene a dedicare tanto tempo agli altri e a scrivere in modo così saggio ed equilibrato. Io sono perennemente di corsa, travolta dagli impegni e mi sembra mancare sempre il tempo da dedicare in modo adeguato a ciò che vorrei.

Se puoi magari dire una preghiera per mio figlio te ne sarei molto grata (...). Sono molto preoccupata dall'ambiente scolastico:  noto che, anche se ha delle buone basi, mio figlio finisce con l'essere molto influenzato dai continui esempi negativi. Sto cominciando anche a pensare seriamente all'homeschooling anche se mi sembra una soluzione un po' complicata.

Cordiali saluti in Gesù e Maria,

(Lettera firmata)

P. S. In quale regione abiti? Mi piacerebbe un giorno o l'altro riuscire ad incontrarti e parlare forse a voce delle tante cose che non so se riuscirei mai a sintetizzare via mail..!


Cara sorella in Cristo,
                                     hai fatto bene a parlarmi di tuo figlio: nulla capita per cieco caso, ma tutto è voluto (o almeno permesso) da Dio per il nostro vero bene. Tu sei una vera mamma perché non ti limiti a sostenere tuo figlio dandogli da mangiare, ma vuoi sostenerlo anche spiritualmente dandogli una buona educazione scolastica e religiosa. 

Gli anni della fanciullezza sono molto importanti: se un bambino impara cose buone, crescerà buono e spiritualmente forte; se invece impara cose cattive, crescerà in malo modo, si ribellerà ai genitori, sarà schiavo dei vizi e delle passioni degradanti, ecc.

Ti incoraggio a continuare a riflettere sulla possibilità di impartire a tuo figlio un'educazione didattica alternativa mediante l'homeschooling. Non è una cosa complicata, anzi! Inoltre posso dirti che i risultati sono molto buoni: i bambini che praticano l'homeschooling ricevono una preparazione scolastica di gran lunga migliore rispetto agli alunni delle scuole normali. Una mia lettrice segue numerosi ragazzi homeschooler (anche delle superiori) e li prepara per gli esami di fine anno nelle scuole per convalidare gli studi fatti. Spesso gli insegnanti si complimentano con lei per l'elevato livello di preparazione che raggiungono i ragazzi che segue.

Per fare l'homeschooling basta recarsi dal dirigente scolastico e dirgli di aver deciso, come consentito dalla Legge italiana,  di ritirare il proprio figlio da scuola per dargli un altro tipo di preparazione didattica (ovviamente senza stare lì a polemizzare contro le scuole progressiste, gli insegnanti comunisti, l'insegnamento dell'ideologia gender, ecc., onde evitare di creare rancori). Inoltre gli si chiederà la cortesia di farsi consegnare il programma scolastico dell'anno precedente per poterlo usare come base per l'insegnamento al proprio bambino. Qualche tempo prima della fine dell'anno scolastico bisognerà tornare a scuola per programmare le date degli esami per poter convalidare gli studi fatti.

Visto che tu non hai tempo per fare la maestra a tuo figlio, e penso che nemmeno tuo marito abbia questa possibilità, conosci qualche persona di sicura fede che possa fare da “precettore” al tuo bambino?

Dagli avvisi sulle Messe tridentine che mi hai inviato in questi mesi deduco che abiti in [...]. A me piacerebbe fare da maestro a tuo figlio, ma purtroppo abito troppo lontano (vivo in provincia di [...]), quindi non posso aiutarti.

Per quanto riguarda il fatto che il tuo bambino ha bisogno di socializzare con altri fanciulli, si potrebbero selezionare i bambini più buoni tra i suoi attuali amici e compagni di classe, e farli venire a giocare a casa tua, sotto l'occhio vigile del precettore che con dolcezza e cordialità dovrà cercare di far fare ai fanciulli dei giochi sani, onesti, ed educativi (un po' come faceva Don Bosco).

Spero tanto che tu possa continuare a pensare alla possibilità di dare a tuo figlio un'istruzione didattica di stampo cristiano facendolo studiare a casa tua. Fino a settembre c'è tutto il tempo sufficiente per organizzare la faccenda.

Fai bene ad avere molta fiducia nella forza della preghiera. A tal proposito ti consiglio di chiedere orazioni alle suore di clausura dei monasteri di […].

Approfitto dell'occasione per porgerti i miei più cordiali e fraterni saluti in Cordibus Jesu et Mariae.

Cordialiter

Pensiero del giorno

Purtroppo il mondo si è così paganizzato che un po' del suo influsso materialistico si è infiltrato anche nelle coscienze cristiane.


[Cardinale Alfredo Ottaviani, "Il baluardo", casa editrice Ares, 1961]

martedì 16 aprile 2024

Padre Norberto Fiora e il suo eroico gesto di altruismo in un lager sovietico

Viviamo in una società spietata nella quale molti non si fanno scrupoli a calpestare il prossimo pur di ottenere qualche vantaggio materiale. Per "vaccinarsi" da questo terribile virus fa bene al cuore leggere degli atti esemplari di carità fraterna come quello compiuto da Padre Norberto Fiora da Borno, frate cappuccino, nei confronti di Padre Guido Maurilio Turla, entrambi cappellani militari dell'ARMIR (Armata Italiana in Russia), in un campo di prigionia sovietico. Lo ha raccontato lo stesso Padre Turla (1910-1976) nel suo libro “Sette rubli per il cappellano” edito da Longanesi. Ubi caritas et amor, Deus ibi est!


Il 17 febbraio 1943 giungiamo al campo di smistamento di Krinovaja; siamo partiti da Valujki il 31 gennaio. Krinovaja ha malfamata notorietà per i crimini commessi ai danni di migliaia di prigionieri italiani, romeni, ungheresi, qui rinchiusi e fatti morire di fame. Il campo ha ospitato nel volgere di quattro mesi (da gennaio ad aprile) settantamila prigionieri. Lo smistamento avviene su un vasto piano, fiancheggiato da fabbricati, una volta caserme, ora diroccati. Delle antiche scuderie restano solo capannoni e box fetidi e schifosi. Prima di entrare, facciamo il computo degli uomini sopravvissuti. Della colonna Catanoso, tremila uomini, all'arrivo a Krinovaja ne rimangono cinquecento: tra questi sono inclusi altri italiani, rastrellati lungo il cammino. [...] La sosta fuori del campo si protrae per due ore; siamo esposti al gelo della notte. Poi si entra. Io sono assegnato in un corridoio senza luce. Appoggio la schiena piagata alla parete incrostata di ghiaccio; dalle finestre senza vetri raffiche di vento mordono la carne. Non un minuto di sonno nelle poche ore che mancano all'alba. La fame e il freddo obbligano a vegliare; addormentarsi è morire. All'alba incomincia a nevicare; nell'interno, dappertutto, entra neve; il tetto per buchi e fessure appare una scacchiera. Alba grigia. Mi accorgo di aver passato la notte in mezzo ai morti; tre commilitoni sono immobili ai loro posti; li ha ghermiti la morte bianca. Hanno faccia e capelli coperti di neve. Anche per me sento vicina la morte per inedia. Dal fondo del corridoio avanza inaspettatamente una figura a me non sconosciuta; è padre Fiora di Borno, bresciano, un mio confratello. Da mesi non c'incontriamo. Tutti i prigionieri qui conoscono il cappellano della 308a sezione sanità della Julia. Il francescano instancabile si aggira alla ricerca di chi soffre; passa da un capannone all'altro a confortare, a rincuorare. Quando egli dispone di un tozzo di pane, lo distribuisce ad altri con evangelico altruismo. Appena mi vede, accorre e comprende che le forze non mi reggono più; soffro assai per congelamento al naso, a un braccio e a una gamba; ma adesso la più pericolosa è la fame. Padre Fiora mi abbraccia e non esita a offrirmi l'unico pezzo di pane scurissimo, che per lui era vita in quell'inferno di affamati. Mi somministra quel cibo a lenti bocconi, come si fa con un animale affamato. Padre Norberto Fiora mi ha salvato la vita.

Il Sacerdote eserciti l'ufficio di Esorcista per spirito di carità

Dagli scritti di Don Giuseppe Tomaselli (1902 - 1989), zelante sacerdote salesiano.

La Santa Chiesa, che conserva e custodisce il patrimonio affidatole da Gesù Cristo, tra gli Ordini Minori ha messo anche quello degli Esorcisti, con il compito di liberare gl'indemoniati. - Nel Rituale Romano, ove sono contenute le preghiere ufficiali della Chiesa, trovasi l'Esorcismo solenne, il quale può essere fatto soltanto dal Sacerdote che ne abbia avuta facoltà dal Vescovo.

Nel Rituale, prima delle preghiere, ci sono delle istruzioni, che riguardano il Sacerdote, istruzioni che possono essere conosciute pure dai fedeli, e cioè:

1° Il Sacerdote eserciti l'ufficio di Esorcista per spirito di carità.

2° Non creda facilmente che taluno sia posseduto dal demonio. Si assicuri bene che ci siano dei segni diabolici, ad esempio: parlare lingua straniera o comprenderla, senza che il paziente la conosca; indovinare cose occulte e lontane; avere orrore per le cose sacre; ecc.

3° Il Sacerdote stia attento per non cadere nelle insidie diaboliche ed essere ingannato, perché il demonio è molto astuto.

4° Per non essere cacciato il demonio procura di non farsi scoprire e si sforza di far comprendere che i disturbi fisici sono effetto di malattia.

5° Si raccomandi all'ossesso di pregare con la mente, mentre si fanno le preghiere del Rituale.

6° Il Sacerdote preghi con molta fede ed umiltà; non faccia al demonio domande curiose; permetta che assistano all'esorcismo soltanto poche persone e non permetta che alcuno dei presenti parli all'ossesso.

7° L'Esorcista parli al demonio con autorità, comandandogli di tacere quando vorrebbe parlare ed obbligandolo a rispondere soltanto alle domande del Sacerdote. 

8° Non presti fede se il demonio finge di essere l'anima di qualche defunto, o di un Santo, ovvero uno Spirito buono, cioè un Angelo.

9° Raccomandi all'ossesso liberato di vivere in grazia di Dio ed in delicatezza di coscienza, per non dare al demonio motivo di ritornare in lui, perché se riuscisse a ritornare, il suo stato sarebbe peggiore del primo.


[Brano tratto da "Satana nel mondo" di Don Giuseppe Tomaselli; imprimatur: + Francesco Tortora, Vescovo-Prelato, S. Lucia del Mela 13 - 5 - 68].

Pensiero del giorno

È certo che niuno vive più contento nel mondo di colui che disprezza le cose del mondo e vive sempre uniformato alla divina volontà.


(Sant'Alfonso Maria de Liguori, Dottore della Chiesa)

lunedì 15 aprile 2024

Morire eroicamente offrendo le proprie sofferenze al Signore

Tempo fa ho pubblicato un breve brano riguardante la pia morte del legionario Mario D’Antoni. Oggi pubblico il racconto di un’altra commovente morte, quella del legionario friulano Elio Boldarino, anch’esso tratto dal libro “Nel nostro cimitero di guerra di Mikailovka”, scritto da Don Guglielmo Biasutti (1904 - 1985), cappellano militare della Legione d’Assalto CC. NN. “Tagliamento”, durante la "Campagna di Russia". Elio non morì da disperato, lamentandosi e imprecando, bensì in maniera serena, offrendo le sue sofferenze a Dio per il bene della Patria. Lo stesso Don Biasutti scrisse: “I «miei» ragazzi, infatti, combatterono come eroi e morirono come santi”. Leggere i racconti di fatti avvenuti in tempo di guerra può aiutarci a non dimenticare le anime dei soldati che adesso si trovano in Purgatorio (a quelle che sono in Paradiso o all'inferno non servono le nostre preghiere). Penso non solo alle anime dei combattenti italiani, ma anche a quelle dei soldati di altre Nazioni.  


La mattina del 30 dicembre [del 1941, n.d.r.] fu ferito gravemente il vicecaposquadra [grado della Legione equivalente a quello di “sergente” dell’Esercito, n.d.r.] Boldarino Elio da Lavariano. Era un carissimo figliolo [...] di una profonda fede. Presidente di una Associazione giovanile cattolica e legionario esemplare, nel suo cuore si disposavano armoniosamente Dio e l'Italia. Armoniosamente! [...] E lo vidi tante volte pregare od accostarsi all'agape eucaristica: allo stesso modo e più profondamente rapito ed assorto. […] Soleva parlarmi con insistenza di due cose soltanto: del suo prete e della sua fidanzata; di colui che lo aveva educato e spinto a vette soprannaturali di virtù e di colei che, solo a ricordarla, gli riscaldava il suo buon cuore di fanciullo.

[…] Venne dunque quella mattina, al posto di medicazione. Gli chiesi:

- Sei ferito gravemente, Elio?

Mi rispose [...]: - Non abbastanza per i miei peccati!

Ed era tanto buono! Pensai: «Se tanti fra noi, se tutti noi avessimo tale umiltà ed accettazione del dolore, come sarebbe santo il mondo!».

Lo spogliammo. Una scheggia gli era penetrata in cavità nel costato destro. Gli dissi, quasi sussurrando:

- Vedi, Elio! Sei ferito come nostro Signore...

Qualche gemito gli usciva dalle labbra pallide. Allora osai invitarlo a tanta altezza d'offerta che poi n'ebbi quasi rimorso.

- Elio - gli dissi - tu hai avuto sempre tanta fede. Ti chiedo di dimostrarla ora. Non lamentarti! Offri in silenzio la tua vita ed i tuoi dolori al Signore per l'Italia. E non piangere!

Non mi rispose. [...] Già tra scoppio e scoppio delle granate scroscianti tutt'intorno si sentiva l'urlo di qualche ferito grave che metteva i brividi. Perciò gli dissi:

- Elio, tu che hai avuto sempre tanta fede non lamentarti!

Medicato dalle sagge mani del nostro «dottorino», lo mettemmo a giacere in un angolo.

Dopo alcune ore un legionario venne a dirmi:

- Signor cappellano, il vicecaposquadra Boldarino desidera parlarvi.

Mi recai tosto accanto a lui, e, piegato un ginocchio per cogliere meglio la voce fioca, gli chiesi:

- Che cosa vuoi, Elio?

- Che cosa scriverete - mi disse - a mio papà? (sapeva che io scrivevo ai genitori dei Caduti). Gli direte che non mi sono mai lamentato? Ho fatto come mi avete detto.

Confesso che non potei rispondergli: un groppo mi soffocava la voce. M'alzai senza parola; mi sentii confuso davanti a tanta grandezza d'animo. Egli aveva offerta la sua vita ed i suoi dolori per l'Italia senza neppure un umanissimo gemito di dolore...

Lo vidi ancora di sfuggita: s'era levato su un poco per confortare ed incoraggiare i feriti che gli stavano vicini.

Poi partì, a notte, via per la neve, sulle slitte ch'eran venute a portarci le munizioni e se ne ritornavano giù con un carico eroico e sanguinante. E seppi che come un santo morì all'ospedale da campo 235 di Stalino [l’odierna città di Donetsk, n.d.r.].

Dopo il mio rientro in Italia, lessi su «L'Avvenire d'Italia» un articolo intitolato: «Ho visto morire un santo»: era firmato da un sergente di sanità. Parlava della morte del nostro Boldarino. Ed io stesso ne scrissi qualcosa sul periodico «Credere».

Ed ecco una lettera che parla di lui e che amo riprodurre:

«Posta Militare 88, li 2-9-42. 

Rev. D. Biasutti,

sul "Credere" del 9 agosto c.a. ho letto la commovente vs. narrazione intorno la morte di Elio Boldarini, ex-presidente dell'Ass. Giov. di Lavariano (Udine). Mi sento perciò in dovere di confermarvi l'ultima frase che dice:

"E seppi che come un santo morì all'ospedale da campo di... ", essendo io uno tra i pochissimi fortunati ad assistere al sereno suo trapasso da questa valle di lacrime alla Patria degli eletti.

Da cinque giorni mi trovavo ricoverato al 235 O. C. [ospedale da campo, n.d.r.], allora a Stalino. In due sole ore le sale del grande fabbricato si sono riempite di feriti provenienti da ogni settore del fronte. Forse il più grave dei barellati era appunto il vicecaposquadra Boldarini. Potendo muovermi, davo una mano ai poveri infermieri, che in quei giorni avevano il loro bel da farsi. Appena fu adagiato sul suo lettino, il mio sguardo s'è incontrato col suo ed ho intuito subito che non si trattava di un ferito come gli altri. Buona parte della giornata la passavo al suo capezzale e gli somministravo tutte quelle cure che il suo stato pietoso richiedevano. I primi due giorni parlava non senza un po' di fatica (povero Elio, oltre alla grave ferita alla regione del fegato, aveva pure un principio di broncopolmonite) ed avevamo stretto una sincera amicizia. […] Ricordo una frase che mi ha fatto convinto della sua anima eletta: "Grave è la mia ferita e grande è il dolore che provo per essa... Soffro... Soffro molto... Ma sono rassegnato, anzi contento di offrire a Dio ogni mio patire per l'avvento del Suo regno anche in queste terre avvelenate dal Bolscevismo...".

Per quanto potei capire dalle frequenti visite fattegli dal buon dottore, il suo stato peggiorava di giorno in giorno, anzi di ora in ora. Quindi cominciai a riordinare tutti i suoi oggetti personali, fingendo di fare un po' di pulizia alle tasche. Elio, però, aveva capito tutto e mi sorrideva con quello sguardo sereno e penetrante. Ciononostante accettava gli auguri e gli incoraggiamenti che i visitatori gli rivolgevano e ringraziava raccomandandosi molto alle nostre preci.

Il giorno segnato da Dio per chiamare a sé quell'anima eletta è arrivato. Verso le ore 16 del giorno 12 gennaio c.a. il male toccò il vertice. Un rantolo gli serrava la gola... Aveva sempre molta sete...

Mandai a chiamare il sacerdote perché lo avevo preparato a ricevere l'Estrema Unzione. Subito il buon Padre arrivò e gli disse alcune parole di conforto. Gli fu risposto con voce flebile: "Grazie, Padre, mi sento preparato; somministratemi pure l'Estrema Unzione". Tutti della camerata piangevano. Che insegnamento meraviglioso di unione continua di un'anima con la grazia di Dio ci ha offerto il caro Elio!

Mentre gli bagnavo ancora la lingua arida, mi sussurrò un ringraziamento per quanto avevo fatto per lui e volle l'assicurazione che scrivessi al suo amato parroco ed agli amici di A. C. 

Ai piedi del suo letto erano immobili, oltre il ten. cappellano, pure tutti i medici, gli infermieri e vari ammalati. Tutti guardavano quel giovane senza lamenti, dallo sguardo sereno e tranquillo. Ad un certo momento disse con molta fatica: "Lo so che tra poco debbo morire; muoio contento e tutto offro a Gesù; mi dispiace molto per la mia cara mamma, ... ma la rivedrò lassù in Cielo".

Pochi istanti dopo l'anima sua volava a ricevere il premio meritato. Tutti piangevano e non staccavano lo sguardo da quel volto sereno. Più d'una voce ha detto in quel momento: "È morto da santo!". […] L'indomani ho scritto una lettera al suo parroco, facendo una relazione su per giù come questa, e spronando i suoi giovani a voler imitare il loro amato presidente […].

Pregandovi di volermi ricordare al Signore perché anch'io diventi buono come Elio, vi porgo i miei figliali ossequi ed auguri.

Dev. cap. magg. Casarin Luigi».

Pensiero del giorno

Le anime, le anime, quanto sono belle le anime, e quanto è sublime il compito di salvarle! [...] non c'è soddisfazione più bella e più piena che rintracciarle e portarle a Dio, come pecorelle smarrite tra i dirupi, [...] come figli fuggiti dal cuore paterno di Dio che sempre le ricerca e sempre le ama, perché sono sue creature. 

[Brano tratto dal commento di Don Dolindo Ruotolo alla Seconda lettera di San Paolo ai Corinzi, Apostolato Stampa].

domenica 14 aprile 2024

La Comunione spirituale

Brano tratto da "Visite al Santissimo Sacramento e a Maria Santissima" di Sant'Alfonso Maria de Liguori.


Essendoché in ogni Visita delle seguenti al SS. Sacramento s'insinua la Comunione spirituale, è di bene spiegare che cosa ella sia e di quanto frutto. La Comunione spirituale consiste, secondo S. Tommaso, in un desiderio ardente di ricevere Gesù sacramentato ed in un abbraccio amoroso come già fosse ricevuto.

Quanto poi siano gradite a Dio queste comunioni spirituali e quante grazie egli per mezzo loro dispensi, il Signore lo diede ad intendere a quella sua serva Suor Paola Maresca fondatrice del monastero di S. Caterina da Siena in Napoli, quando le fece vedere, come si narra nella sua vita, due vasi preziosi, uno d'oro e l'altro d'argento; e le disse che in quello d'oro egli conservava le sue comunioni sacramentali, e in quello d'argento le sue comunioni spirituali. Ed alla B. Giovanna della Croce disse che ogni volta ch'ella si comunicava spiritualmente riceveva una grazia simile come si fosse comunicata realmente. Sopra tutto basta sapere che il S. Concilio di Trento molto loda la Comunione spirituale ed anima i fedeli a praticarla.

Perciò tutte le anime divote sogliono spesso praticare questo santo esercizio della Comunione spirituale. La B. Agata della Croce ne facea duecento ogni giorno. E 'l P. Pietro Fabro primo compagno di S. Ignazio diceva che per far bene la comunione sacramentale giova sommamente il comunicarsi spiritualmente.

Si esorta dunque chi desidera avanzarsi nell'amore di Gesù Cristo fare la Comunione spirituale almeno una volta in ogni Visita al SS. Sacramento ed in ogni Messa che si sente. Quest'è una divozione di molto più profitto di quello che si stima da alcuni, ed insieme è così facile. Dicea la suddetta B. Giovanna della Croce che la Comunione spirituale si può fare senz'essere osservato da alcuno, senza necessità di digiuno o di licenza del direttore: e possiamo farla in ogni ora che ci piace: con fare un atto d'amore si fa tutto.

Atto per la Comunione spirituale

Gesù mio, credo che voi state nel SS. Sacramento. V'amo sopra ogni cosa e vi desidero nell'anima mia. Giacché ora non posso ricevervi sacramentalmente, venite almeno spiritualmente al cuore mio. Come già venuto io v'abbraccio, e tutto mi unisco a voi. Non permettete ch'io m'abbia mai a separare da voi.

E più breve

Vi credo, Gesù, nel SS. Sacramento, v'amo e vi desidero. Venite al cuore mio. Io v'abbraccio, non vi partite più da me.



lll

Pensiero del giorno

Questo dovere di sottomissione al beneplacito di Dio negli avvenimenti tristi è dovere di giustizia e d'obbedienza, perchè Dio è Supremo nostro Padrone che ha su di noi ogni autorità; è dovere di sapienza, perchè sarebbe follia volersi sottrarre all'azione della Provvidenza, mentre che nell'umile rassegnazione troviamo la pace; è dovere d'interesse, perchè la volontà di Dio non ci prova che per nostro bene, per esercitarci nella virtù e farci acquistare dei meriti; ma è sopratutto dovere d'amore perchè l'amore è dono di sè fino all'immolazione.

[Brano tratto da “Compendio di Teologia Ascetica e Mistica”, di Padre Adolphe Tanquerey (1854 - 1932), trad. P. Filippo Trucco e Can.co Luigi Giunta, Società di S. Giovanni evangelista - Imprimatur Sarzanæ, die 18 Novembris 1927, Can. A. Accorsi, Vic. Gen. - Desclée & Co., 1928].

sabato 13 aprile 2024

I sacerdoti zelanti fanno apostolato persino nelle prigioni comuniste

I cristiani che amano veramente Gesù buono cercano di sfruttare ogni occasione per fare apostolato nella speranza di salvare le anime e dare gloria a Dio, come fece l'eroico gesuita Padre Pietro Alagiani, il quale nel 1942 partì per il fronte orientale come cappellano militare dell'Armata Italiana in Russia, ma dopo pochi mesi venne preso prigioniero dai sovietici. Anche durante gli anni della dura prigionia si impegnò a portare le anime a Dio mediante l'apostolato. Ecco uno degli episodi raccontati nel suo libro "Le mie prigioni nel paradiso sovietico", quando aiutò spiritualmente un prigioniero ucraino del Bacino del Don (Donbass).


Fra tante altre anime, su cui Gesù sacramentato sparse l'abbondanza delle sue grazie, merita particolare ricordo un operaio per la straordinaria e fervorosa sua prontezza nell'abbracciare e praticare la vera fede appena l'ebbe conosciuta.

Mi trovavo nella stanza a pianterreno n. 34 della prigione Lefortovskaia, trasferito dalla Lubianca per la seconda volta. Un giorno vi fecero entrare un uomo alto, magro e vestito con stracci neri; aveva un piccolo involto sotto il braccio: era un minatore ucraino delle miniere del bacino del Don.

Durante l'occupazione tedesca dell'Ucraina (orientale, ora sovietica), fu, insieme con un gran numero di uomini e donne, preso e mandato forzatamente in Germania a lavorare. Finita la guerra fu di nuovo con molti altri cittadini sovietici ricondotto in Patria. Già da due anni lavorava nelle miniere e per la sua laboriosità aveva conquistato il posto di caposquadra dei minatori, quando qualcuno, forse un pretendente al suo posto, sussurrò alle orecchie della polizia segreta ch'egli, durante la guerra, era stato in Germania. Fu immediatamente arrestato e mandato a Mosca, dove lo tormentarono, come me, - ma fino allora per soli cinque mesi - sotto il torchio degli interrogatori.

Costui mi diceva che sotto i Soviets, nonostante l'occupazione generale di tutti i lavoratori, il semplice popolo conduceva una vita molto stentata e, all'infuori di pochi privilegiati dell'esercito e degli alti impiegati dello Stato e del partito, erano ben pochi quelli che potevano permettersi una vita alquanto agiata. [...]

Ma ciò che mi commosse profondamente fu la constatazione dell'opera compiuta direttamente dallo Spirito Santo in quell'anima semplice e retta. [...] Indi, preso un aspetto serio, ma di tenerezza filiale raccontò come ritornando ogni volta dalle tormentose istruttorie si dava a camminare su e giù per la cella e a recitare in onore della Madonna Santissima l'unica preghiera che sapeva: l'Otce nasc - il Pater noster». Mi assicurava che quella preghiera lo consolava sempre delle angherie bolsceviche e infondeva in lui coraggio, dandogli piena speranza che la Madre di Dio - «Bogorodiza» - avrebbe certamente assistito lui e la sua famiglia. Non desiderava altro, poiché, ormai era rassegnato ai dieci anni di galera, secondo le assicurazioni dei giudici istruttori i quali negli ultimi tempi lo trattavano un po' più umanamente, esortandolo ad essere anche nei campi di lavoro forzato sempre laborioso come fu nelle miniere per meritare qualche aumento nel vitto e mitigazioni nel trattamento...

Ammirata così l'unzione dello Spirito Santo, non volli venir meno al mio dovere pastorale di cooperare all'attività divina per completare la grande opera della salute eterna di questo bravo figliolo. Gli parlai, in breve, di Dio, di Gesù Cristo, della vera religione e degli obblighi d'ogni cristiano, promisi di insegnargli altre preghiere e spiegai le cose necessarie per ben confessarsi e comunicarsi.

Sentendo che io possedevo presso di me, anche in quella celletta carceraria, il Santissimo, egli balzò dalla gioia dichiarando di esserne privo da molto tempo e mi supplicò di insegnargli tutte le preghiere e le cose necessarie protestandosi pronto e felice di divenire cattolico.

D'allora in poi egli divenne la mia gioia e felicità [...]. «Padre - s'affrettava a dirmi con un tono supplichevole e pieno di sincerità - io rispetto molto Voi e Vi voglio bene, perché Voi m'insegnate le preghiere e ad amare la Madonna e a servire fedelmente Iddio Benedetto». [...]

Nelle prime settimane, preparatolo sommariamente - per tema che lo portassero via - lo ammisi alla professione di fede, alla confessione generale ed alla prima Santa Comunione da cattolico. Indi continuai a completare l'istruzione e l'insegnamento delle preghiere, traducendo a memoria dal latino in russo e ripetendo infinite volte parola per parola per stampargliele in quella mente arrugginita. Il mio scolaretto non si distingueva per particolare facilità nell'apprendere, ma imparata una preghiera non c'era verso che la dimenticasse o la confondesse. Anzi, quando nel dire il credo o i misteri del rosario, io non facendo grande attenzione sbagliavo in russo, egli subito notava che io avevo usato un'altra parola o confuso l'ordine.

Ogni mattina e ogni sera insieme recitavamo le solite preghiere, il rosario e le invocazioni dopo la benedizione Eucaristica. Imparò perfettamente il Pater, Ave, Gloria, la Salve Regina, il Credo, gli atti di Fede, Speranza, Carità e Contrizione, L'Angelus con l'Oremus e i quindici misteri del Santo Rosario. In modo particolare insistetti perché imparasse, capisse e spesso ripetesse l'atto di perfetta contrizione, come pure facesse ogni cosa col motivo di un puro e perfetto amore di Dio.

Arrivò a tanto che - mentre prima rispondeva alle preci da me dette - poi volle sempre che io facessi la parte dei fedeli e lui quella del sacerdote nella recita della corona quotidiana, dell'Angelus e del Pater, Ave, Gloria prima e dopo i pasti. Spesso durante la giornata girava per la cella dicendo da sola l'intero rosario.

Non di rado dalla gioia saltava dicendo: «Ora vado nei campi di lavoro forzato e insegnerò anche agli altri condannati a pregare. Poverini essi non sanno le preghiere, come saranno contenti, come mi ringrazieranno!...».


[Brano tratto da "Le mie prigioni nel paradiso sovietico", di Padre Pietro Alagiani, S. J., Edizioni Paoline, imprimatur: e Vicariatu Urbis die 15 Apr. 1956, + Aloysius Traglia, Archiep. Caesarien. Vicesgerens].

Pensiero del giorno

Dagli scritti di Padre Paolo Manna (1872-1952).

Quanto si sbagliano e di quali e quanti spirituali soccorsi si privano quei missionari che trascurano l'orazione e gli ordinari esercizi di pietà, sotto pretesto che non hanno tempo di pregare per la molteplicità dei loro ministeri, quasi che si possano trattare gli interessi di Dio dimenticando Iddio, e trascurando l'anima propria! Miei cari confratelli, non vi sia uno solo tra voi che cada in questo abbaglio funesto.

[Brano tratto da "Virtù apostoliche", Padre Paolo Manna, EMI]